Storie di vita

Quaranta biografie di italiane e di italiani che partirono alla ricerca di una vita migliore verso la Merica: Brasile, Argentina, Stati Uniti.

1893, Stati Uniti, Giovanni Battista Giraudo

Fonte: tratto dal libro: N.Revelli, Il mondo dei vinti

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“Sono Giovanni battista Giraudo, mi chiamano Bambin, nato a Vignolo, provincia di Cuneo, classe 1893  [(viaggio con La Savoie, da Havre – arrivo a New York il 5 Novembre 1910)].

A diciassette anni mi sono detto: “Possibile che il mondo sia tutto cattivo così?” Sono andato in America. Sono un contadino e la vita a Vignolo era troppo grama, tutti parlavano dell’America e io mi dicevo: “L’America sarà meglio di Vignolo, andiamo in America e qualcosa sarà”. E’ nata l’occasione che mio cugino tornava in America e mi ha chiesto se partivo con lui. Si chiama Gepu Parola, un uomo di trent’anni che mi ha detto là io parlo a uno, là mi te piasu da munt o da val.(là io ti trovo un lavoro in un modo o nell’altro). Io avevo il passaporto, anche se ero minorenne Gepu garantiva. Era l’ottobre 1910. Ci siamo imbarcati sulla nave “Savoia”, era la prima volta che vedevo il mare. Ero giovane, non pensavo a niente, avevo coraggio.Sulla nave saremmo stati duemila tremila, tutta povera gente, di tutte le razze. Durante il giorno passeggiavamo sul ponte della nave, parlavamo anche con gli altri italiani, ma ci tenevamo piuttosto tra noi di Vignolo. Diciotto giorni è durato il viaggio. A new York, a Castel Garda c’era la visita medica. Il dottore ci guardava in faccia. Uno di vignolo la faccia non ce l’aveva bella, il medico l’ha segnato con il gesso sulla vestimenta, come si faceva con le bestie e lui è andato avanti, si è cancellata la marca, poi si è infilato tra di noi abili. Era uno già un po’ anziano. 

Siamo subito partiti in treno per la California, per andare a San Giusep di san Francisco, per lavorare in campagna. La terra è buona le pesche, le prugne, l’uva erano una meraviglia a vederle. Andiamo a lavorare da uno tanto nominato che si chiamava Miller che aveva mille giornate di vigna e tanta terra e aveva una vineria, una vinicola, dava di poaga trenta scudi tutti i mesi dell’anno. C’è un cinese che ci fa da mangiare, il capocantina è jugoslavo, ci sono dei tedeschi e anche qualche italiano, uno è della provincia di Cuneo, mentre l’uva la raccolgono a contratto una sessantina di giapponesi. Poi mi sposto in una fabbrica di cemento perché pagano meglio, ma si mangia tanta polvere, tanto cemento. Lavoro quattro anni al cemento, poi scoppia la guerra e i giornali Italiani dicono che noi italiani dobbiamo rimpatriare per combattere, e noi ci imbarchiamo e partiamo per l’Italia. Dico “ sarà mica la fine del mondo” e ho diecimila lire di risparmi”.