Memorie

Brani di diari privati e album di ricordi per le avventurose vite degli emigranti, provenienti da archivi pubblici e privati e pubblicazioni.

1883, La Pampa Gringa, Primo Francisco Rivolta

Mio nonno arrivò in questo paese [sc. MaríaJuana, provincia di Santa Fe] nel 1883, proprio l’anno in cui fu fondato. Era un uomo piuttosto taciturno. Era nato in Lombardia, a Monza […]. Lì la casa e la terra non bastavano perché la famiglia, già numerosa di suo, si andava ingrandendo: uno si sposava, l’altro si sposava, l’altro ancora si sposava […].
Così tre fratelli si misero d’accordo e vennero qua. Dato che come immigrati non pagavano il viaggio, vennero in Argentina. Il governo argentino aveva fatto una legge, che si chiamava di emigrazione, che favoriva tutta la gente di buona condotta con voglia di lavorare dei paesi europei, piuttosto popolosi, che voleva venire qua e gli si pagava il viaggio. Loro, essendo a conoscenza della cosa, non avevano altra scelta che venire in Argentina. Per loro era una terra nuova, una terra del futuro; venivano a fare fortuna, l’America, come si diceva. […]

Arrivarono a Buenos Aires e lì rimasero tre giorni nell’Hotel de Inmigrantes. Lì c’era una specie di ufficio che distribuiva gli immigrati. Uno va, uno viene, finché li destinarono a Santa Fe, a Matilde; e da Matilde li mandavano dove c’era bisogno, verso le terre che erano ancora disabitate. […]
Rimase un anno a Matilde il nonno, però lavorando la terra per conto di un altro, perché lì non c’era più posto. Da San Carlos in qua, fino a San Vicente, già era abbastanza occupato, però da San Vicente a questa parte […] era un deserto. Non era ancora ben sfruttato per il fatto che vicino alla Colonia San Vicente c’è una valletta, e in questa valletta riparavano i gauchos, come li chiamavano loro. Erano i banditi, che assaltavano i coloni, per questo nessuno aveva il coraggio di andarci.
Così si cominciò a formare gruppi di agricoltori che venivano coi carri […] con legati dietro dei cavalli per poter lavorare la terra in questi luoghi. Portavano i loro attrezzi – gli aratri, i rastrelli – e poi, quando finivano di arare e seminare, tornavano a Matilde. Depositavano gli attrezzi qui nel paese, dai Peretti, che furono i primi colonizzatori. Avevano un negozio. Era l’unico che c’era. […] Poi aprirono un’osteria […].

Chiaro, nei primi tempi i Peretti correvano il rischio di essere aggrediti e uccisi; perché non perdonavano i gauchos, no? Mi raccontava mio padre che una notte i banditi assaltarono la casa dove viveva mio nonno. Si salvarono. Loro – mio zio, mio padre – dicevano che forse si erano salvati perché erano in tre soltanto quelli che erano a cavallo; se fossero stati di più non si sarebbero salvati. […]

Loro avevano un winchester, di quelli vecchi, della guerra di non so quando, che avevano portato dall’Italia. Però più di tutto servivano i forconi. Perché i gauchos la prima cosa che facevano era dal cavallo saltare sul tetto; distruggevano il tetto e entravano da lì perché dalle porte era impossibile, erano sbarrate. Quindi loro, quando il gaucho voleva passare dal tetto, con il forcone…

Questo quando già si erano stabiliti qua, vari anni dopo. Perché dal [18]83, 84 sempre qualcuno, il più coraggioso, veniva con tutta la famiglia e tutti i mobili sul carro. Già non tornavano più indietro. E così gli altri prendevano coraggio e venivano tutti. Dopo il 90 c’erano già ranch sparsi per la colonia. Alcuni costruirono nel villaggio per affittare l’edificio, la casa. Sempre c’era qualche amico che gliela chiedeva per aprire un negozio – un ferramenta, una falegnameria – e così si formò il paese di MaríaJuana.

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