Memorie
Brani di diari privati e album di ricordi per le avventurose vite degli emigranti, provenienti da archivi pubblici e privati e pubblicazioni.
1889, Rio Segundo, Cordoba, Pittarini Domenico
Arrivato a Buenos Ayres a notte fonda, insieme a due amici di bordo andammo a cenare e a dormire in una osteriuccia (fonda) in vicinanza all’uffizio d’immigrazione. […] Passammo quella notte alla fonda senza poter chiudere occhio, in una camera che pareva una stalla, cullati da sussulti continui, col soffitto crollante, in mezzo all’umidità, sopra un letto o a dir meglio sopra un canile, tanto era lurido e duro, con la porta che non si poteva chiudere, sbattuta dal vento, e con un freddo da invidiare l’inverno dei miei paesi.
Mi recai all’uffizio d’immigrazione saltando di qua e di là come un capretto per non farmi schiacciare, ora sguazzando nella mota, ora impiantandomi sino alla caviglia nel fango. Dall’ufficio usciva in quel punto mio nipote Giovanni che andava in traccia di me.
In due giorni soltanto di fermativa, occupati nelle mie faccende, non ho potuto vedere che un lato della parte bassa di Buenos Aires, e benché, come si afferma, sia il lato più brutto mostra la grandiosità della capitale dal movimento vertiginoso e incessante di tutti i veicoli immaginabili per il trasporto di persone, animali ecc. ecc. Col tram attraversai parecchie volte piazza Vittoria e qualche contrada vicina, che mi colmarono di confusione in luogo di darmi un’idea chiara di quell’emporio mondiale. Quanto ad estetica, del poco che potei osservare pochissimo posso dire. Le contrade lunghe, rettilinee, monotone s’intersecano ogni cento metri e questo tratto si chiama quadra; sicché quando vogliono indicare una lontananza qualunque da un punto all’altro, dicono che c’è la distanza di tante quadre. Quello poi che contrasta si è che le case, specie quelle delle contrade secondarie, essendo d’un piano solo, fanno, tutto rimpicciolendo, una impressione così gretta, così meschina che nulla più. Mi esaltano le contrade del centro con palazzi maravigliosi, con negozi, magazzini e stabilimenti da gareggiare con le prime città d’Europa. Sopra tutto portano a cielo la via Palermo, passeggio pubblico con un parco stupendo e con tutte le delizie e ricreazioni che possono desiderare i popoli inciviliti. Le donne di Buenos-Aires me le dipingono tante Veneri e tante Giunoni. Per dirti la verità io ero troppo immerso in altri pensieri per occuparmi di un mondo che più non mi appartiene da tanto tempo. […]
Alla sera del 16 ci recammo alla stazione del sud, la più bella di Buenos-Aires, e prendemmo il treno per l’Azul.
Pittarini Domenico - 1889 Memorie |