Lettere

Qui troverai lettere di emigranti italiani dal 1820 fino al 1920, da Argentina, Brasile, USA ai loro parenti in Italia. Da archivi pubblici e privati o pubblicazioni.

1934, Canada de Gomez, Luigi Torresi

Fonte: Luigi Torresi, Historia de un emigrado italiano en tierra argentina, s.e, Corridonia (MC), 1998, pp. 17-26, passim

Luigi Torresi, lettera al fratello in Italia, Cañada de Gomez, 25 luglio 1934, pubblicata in Luigi Torresi, Historia de un emigrado italiano en tierra argentina, s.e, Corridonia (MC), 1998, pp. 17-26, passim. Traduzione di Federica Bertagna
Caro fratello e padrino Gino Morrovalle, […] circondato da mia moglie e dai miei tre figli mi rendo conto che non è stato un sogno ma è una realtà quella dei tredici lunghi anni di lontananza, che con la presente cercherò di descrivere. […] Ricordo come fosse ieri che mi presentai a lavorare per il raccolto, con bretelle ai pantaloni, scarpe e calze, e con le mani che sembravano quelle di un notaio. Ridi, padrino, come faccio io, però a quei tempi erano gli altri a ridere di me. Il raccolto passò, con non poco sacrificio. […] Poi sono andato a fare il “cocinero de machina” [sc. il cuoco per le squadre impiegate nella raccolta del grano], sconosciuto in mezzo a tanti argentini che si divertivano trovandosi davanti un povero “gringo”, che non conosceva la lingua; tutti ti ridono in faccia e questo fa più male del lavoro più duro che tu possa fare. […] Molto presto, tuttavia, mi sono guadagnato la simpatia di tutti, specialmente del padrone, un buon italiano che voleva gli parlassi sempre del Fascismo e dell’Italia: […] ti assicuro che tornavo a casa dei miei fratelli sfigurato, e molte volte ho maledetto l’America, se non fosse stato per i buoni guadagni che si facevano a quei tempi. […] Ora sono diventato agricoltore, semino il mais però non lo raccolgo più, semino il grano ma non lo vado più a ripulire dalloglio […] Stufo di continuare a fare una vita solitaria, decisi di sposarmi, nel mese di gennaio del 1925. Il raccolto, come ho già detto, fu molto scarso, e lasciando stare il mio debito, avevo il denaro necessario per accogliere la nuova donna di casa. La mia casa, che fino a quel momento aveva un aspetto triste e malinconico, risorge a una nuova vita […] Finita la festa, riprendemmo serenamente il lavoro, la pace e la serenità regnavano tra noi, non fosse stato per quel disgraziato debito, che era aumentato, invece di diminuire. Cominciò perciò una “luccia sin Tregua” [sc. lotta senza tregua]

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zip  Luigi Torresi - 1934